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Carne bovina, Ismea: nel primo semestre produzione in calo del 13,6%
Quella della carne bovina è stata una delle filiere zootecniche più colpite dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria da CoVid-19. Nel primo semestre del 2020, in un comparto già reduce da un calo del 3,6% del 2019, l’offerta nazionale è diminuita del 13,6%. Tradotto, sono più di 48 mila le tonnellate di carne nazionale in meno, a cui bisogna aggiungere la perdita in termini di valore unitario negli allevamenti e nei macelli. È il quadro definito da Ismea nel suo ultimo rapporto Tendenze sul Bovino da carne.
Alla contrazione dell’offerta si è accompagnato un calo dei prezzi negli allevamenti che in tutte le categorie sono più bassi di quelli dell’anno scorso. Tra queste ha reagito meglio alla crisi il vitellone. I prezzi hanno cominciato a diminuire dopo Pasqua, il mercato è andato progressivamente in stallo e ha assorbito più lentamente la produzione nazionale. Molto negativa la situazione dei vitelli a carne bianca. Per la chiusura del canale Horeca gli allevatori hanno trattenuto gli animali nelle stalle causandone il deprezzamento. I prezzi sono scesi già da marzo, a giugno il calo è stato del 6%, a settembre c’è stata una lieve ripresa ma il dato complessivo è inferiore del 5,5% rispetto al 2019.
Giù l’import dai Paesi Ue
Un ulteriore fattore di pressione per i prezzi del comparto è stata la concorrenza del prodotto estero. Con lo stop dell’export di bovini e di carni dall’Ue (soprattutto Polonia, Francia, Irlanda, Spagna) in particolare verso l’Africa mediterranea e la Turchia, si è determinato un surplus con conseguente crollo delle quotazioni a livello europeo. Si è cercato così di dirottare parte della produzione di questi Paesi verso l’Italia, un mercato con prezzi più alti e dipendente dalle importazioni. L’effetto della concorrenza è stato rilevante soprattutto per le vacche, con un calo dei prezzi del 2% a settembre rispetto al 2019.
Come l’Italia anche l’Europa è stata interessata da una flessione produttiva: -2,6% nel primo semestre secondo la Commissione Ue, con la significativa eccezione della Polonia (+1,7%). E anche l’import è diminuito, quasi un quarto in meno rispetto al 2019 da gennaio a maggio. Due elementi che avrebbero dovuto favorire una ripresa ancora non all’orizzonte secondo Ismea.
Tutte le categorie hanno conosciuto un calo delle macellazioni. In generale la riduzione è stata del 13,6%, per le vacche del 24% e per i vitelloni maschi (pari al 43% dell’offerta) del 7,6%. A fronte di una domanda ridotta c’è stata anche una riduzione dell’import dai Paesi Ue, pari a -8,1% nel primo semestre, il calo maggiore degli ultimi tre anni. Il principale fornitore dell’Italia resta la Polonia (che ha conosciuto un calo del 14% dei volumi); anche la Francia e l’Irlanda sono in perdita (rispettivamente -4,7% e -9,9%) mentre crescono i Paesi Bassi (+1,3%) e soprattutto la Spagna (+32,2%). Invariato invece il dato dell’import di bovini da allevamento, indice della fiducia degli ingrassatori.
Foto: Pixabay
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